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teatro de efeso                

Agorà

Pensieri Condivisi.

Formazione tra veloce consumo e lenta riflessione

Possiamo ipotizzare cosa motivi l’accesso alla formazione nel campo psico-socio-educativo e cosa renda attualmente ostico usufruire di processi di apprendimento?

Lavoriamo nelle università, nelle scuole di specializzazione, nelle istituzioni.....

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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
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Intervista a cura di Laura d'Orsi.

A un certo punto non ci è più visto e mi è partito uno scapaccione. È stato più un gesto dimostrativo, non ho colpito forte. Ma è successo e adesso ho paura di aver rovinato il rapporto con mio figlio. La mamma di Giovanni, 5 anni, ci scrive preoccupata. In effetti tutti gli esperti concordano: alzare le mani sui bambini è sempre sbagliato. Perché la punizione fisica lede la dignità personale, è un gesto di violenza da cui il piccolo non può difendersi e perché dal punto di vista educativo non serve a niente a nulla. Sberle e sculaccioni non insegnano cioè al bambino ad evitare ulteriori capricci in futuro. Resta il fatto che i figli spesso mettono alla prova i genitori e uno scapaccione può scivolare. Ma anche se occasionale, questo gesto andrebbe sempre evitato.

Dottoressa Scalari i figli a volte esasperano. Come evitare di arrivare al punto di intervenire fisicamente?
I bambini per loro natura cercano di ottenere subito quello che vogliono. Non riescono a capire il senso di una rinuncia e si sentono sopraffatti da questo sentimento. Così iniziano a protestare, in un'escalation di capricci che mette a dura prova i genitori. Bisogna intervenire prima che la rabbia cresca a livelli di guardia e faccia perdere il controllo. Altra cosa fondamentale è mostrare convinzione e sicurezza.

Cosa significa?
Vuol dire imporre al piccolo un rifiuto senza sentirsi in colpa. E senza temere che così non voglia più bene ai genitori. Spesso il problema sono gli adulti stessi, che non sanno sostenere un no fino in fondo. Ma in questo modo il bambino non si sente contenuto, continua la sua sfida esasperando i toni e allo stesso tempo prova una sensazione di smarrimento perché è soverchiato egli stesso dalle sue emozioni.

Cercare di farlo ragionare non è la strategia migliore?
Non sempre. I bambini in queste circostanze danno poca importanza al linguaggio verbale. Essere comprensivi non vuol dire spiegare sempre tutto. Talvolta occorre imporre. Ma l'imposizione deve nascere da una convinzione profonda.

Perché può partire lo scapaccione?
Il vero motivo del gesto non è correggere, ma sfogare la rabbia o l'ansia di essere soverchiati dal figlio. Se è un caso isolato non è un dramma ma è comunque un'azione educativa fallita. Su cui occorre riflettere. Chiedendosi magari perché il bambino è così esasperante: spesso dietro una sfilza di capricci c'è il desiderio di essere guardato, con attenzione.

Come comportarsi dopo?
Chiedere scusa non serve. Meglio prendersi del tempo e aspettare che il bambino si tranquillizzi e si riavvicini, continuando a guardarlo, facendo sentire la propria presenza e attenzione. È il momento giusto per riconciliarsi e ristabilire un contatto, anche fisico. L'importante è ritrovare la calma, perché così si trasmette sicurezza al piccolo. E non farsi travolgere dal senso di colpa ma piuttosto trasformarlo in senso di responsabilità: alzare le mani sui bambini lascia sempre un segno nella loro mente e quindi nel loro futuro. Occorre pensare a questo ogni volta che si rischia di perdere il controllo.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.